Social media e luxury brand: come si comunicano oggi i valori di marca

Prima dell’avvento della rivoluzione digitale, la comunicazione della moda e del lusso era basata unicamente su campagne pubblicitarie e pubbliche relazioni. Oggi questo modello è stato rivoluzionato: i brand sono diventati padroni della loro immagine di marca e del legame che riescono a costruire con i consumatori, attraverso i contenuti  prodotti sui canali social.

Le case di moda e del lusso hanno scoperto, quindi, le enormi potenzialità della pubblicità multimediale e la vasta gamma di contenuti e creatività che si possono veicolare attraverso il mezzo digitale.

La crisi dei luxury brand sui social

Non è tutto oro quello che luccica.

Nell’era dei social network bisogna fare attenzione ad ogni parola detta, e questo vale anche per le aziende diventate vere istituzioni in campo della moda. Il popolo del web non perdona.

Senza contare il fatto che più è alto il livello di reputazione di un brand, maggiori saranno le ripercussioni.

1. Dolce & Gabbana

A dare l’avvio a questo periodo di crisi sui social, è stato il caso di Dolce & Gabbana.

Tutti ricordiamo quel video di cattivo gusto, carico di stereotipi generici, e completamente disinteressato al contesto socio-culturale del pubblico a cui si rivolgeva.

Commenti negativi, indignazione generale, con l’annullamento finale della sfilata a Shanghai. I due stilisti hanno deciso di metterci la faccia, chiedendo pubblicamente scusa con un video che è stato anch’esso fonte di discussione.

Gli errori commessi in questa vicenda sono stati tanti. Sostanzialmente, la campagna pubblicitaria non era adatta al target di riferimento: clienti estremamente esigenti nelle loro scelte, lontani anni luce dalla protagonista del video. Tutto ciò ha prodotto per Dolce & Gabbana ingenti danni non solo all’immagine social, ma anche alla brand reputation a livello globale.

Si dice che “sbagliando si impara”: l’episodio in questione doveva servire da monito per gli altri luxury brand ma così non è stato, o almeno non del tutto.

Dal caso Dolce&Gabbana, però, i brand hanno capito come gestire abilmente situazioni di crisi, seguendo un iter ben preciso: ritiro del prodotto e/o post considerato offensivo; messaggio di scuse online e mea culpa finale. Gucci ne è stato un esempio.

Uno dei rischi maggiori, durante queste situazione, è che rispondendo tardivamente o in maniera poco credibile, si rischia di gonfiare polemiche e dibattiti sull’accaduto.

2. Gucci

Durante il Black History Month, il brand è stato accusato di razzismo per un maglione della nuova collezione con collo molto alto – che arriva fino al naso –  su cui è raffigurata una bocca rossa molto evidente. Un modello che ricorda molto la blackface, utilizzata in passato in America per identificare in maniera discriminatoria le persone di colore.

La reazione di Gucci è stata immediata, con il ritiro del prodotto dal mercato e con la pubblicazione di un messaggio di scuse in cui l’azienda ha precisato di volersi impegnare a promuovere maggiormente le “diversità” nelle loro creazioni.

Oltre a Gucci e Dolce & Gabbana ci sono stata altri casi di online crisis legate ad accuse di discriminazioni, anche da parte di brand non legati al lusso come H&M, con il bambino di colore e la t-shirt con la scritta “the coolest monkey“. C’è da precisare che la collezione aveva come tema la giungla, una puntualizzazione importante, a mio avviso.

Cosa sta succedendo?

Il pubblico dei social è diventato particolarmente attento e critico, forse troppo. Viene da chiedersi: sono i brand a prendersi eccessive libertà, ignorando le conseguenze di una comunicazione poco attenta? Oppure si vede il marcio anche dove non c’è, interpretando come “minaccioso” anche ciò che viene realizzato per puro gusto estetico?

Il mondo dei social network è diventato un terreno insidioso per i brand, dove eventuali passi falsi non vengono dimenticati e perdonati facilmente!

A presto!